Siamo «come tarli in un cassetto». Lo scriveva John Locke nel 1690.
Piccoli tarli con grandi pretese di conoscenza. Anche se non escono da quel cassetto, che è tutto l’universo di cui possono disporre.
Eppure, cassetto o no, esplorare e conoscere sembrano caratteristiche comuni a tarli e umani, in special modo per quanto riguarda la speciale categoria degli ‘umani tarlati’, così ricca di sorprese.
Pare che la nostra esperienza sia il frutto di un processo continuo di aggiustamento, in cui non tutto procede come vorremmo.
Un bel cono con la sua pallina in cima e presto diventa un gelato che cola: eppure non smettiamo di mangiarlo e forse si apprende fin da piccoli che il gusto vero è quello.
Mani appiccicose, maglietta sporca, mamma che rompe e il senso del gelato è già tutto lì.
Qui, caoticamente, si addenseranno nel tempo pensieri. Quasi sempre inessenziali e inattuali; originati da questo e quello; senza una logica che non sia la semplice curiosità per qualcosa e la voglia di condividerla.
Senza alcuna pretesa. A parte quella di mangiarmi in pace il mio gelato.