Sembravero

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Carpe

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Bisognerebbe proprio leggerli i racconti di Pavel. Perché sono leggeri come certi momenti della vita che non durano molto ma durano a lungo. Racconti d’infanzia e adolescenziali dominati dalla figura di un padre sconclusionato e pieno di idee fallimentari; tutta una mistica della pesca alle anguille e beffe ai danni di soldati nazisti. Pavel nasce a Praga nel 1930. Suo padre e due fratelli finiscono nel lager a causa delle loro origini ebraiche, ma sopravvivono. Il segno di quell’esperienza emerge tra le righe con leggerezza e pudore, trasformata in una visione del mondo che non può più prendere davvero nulla troppo sul serio. Con il comunismo Pavel fa anche il minatore, a soli quattordici anni. Nel 1949 inizia invece la sua carriera di giornalista sportivo per la radio e vari quotidiani. Gira il mondo per commentare eventi agonistici e ne ricava racconti e prose di argomento sportivo. Fino a quando nel 1964, durante le Olimpiadi di Innsbruck, qualcosa in lui cede e per la prima volta è ricoverato in un ospedale psichiatrico. Ci entrerà ancora, fino all’infarto del 1973. È sepolto nel cimitero ebraico di Praga. A Buštěhrad, poco lontano dalla capitale, c’è anche un piccolo museo dedicato a Ota Pavel da questa piccola cittadina nella quale visse. Vale la pena guardarci dentro se si capita da quelle parti, magari sbirciando al volo l’edificio dell’ex birreria imperiale, con il pensiero che va per un attimo a Bohumil Hrabal: altri libri, altre storie…

La mia mamma prima della guerra desiderava terribilmente andare in Italia. Non è neanche tanto che volesse vedere le statue di Michelangelo e i quadri di Leonardo da Vinci, quanto piuttosto che aveva una gran voglia di fare il bagno nel mare caldo. Perché la mamma veniva da Dřín vicino a Kladno, dove c’era solo un misero stagno per le anatre, coperto da uno spesso strato verde di alghe, e lei da bambina quel fare il bagno non se l’era mai goduto. E così a primavera chiedeva sempre a papà: «Leouśek, quest’anno ci andiamo?».

Il mio papà Leo di solito rispondeva che proprio quell’anno non avevamo abbastanza soldi e dimostrava che, a suo parere, sulla Berounka vicino a Krivoklát era molto meglio.

Ota Pavel, Il grande vagabondo delle acque, Edizioni e/o, Roma 1994.

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